Nuovi modi di intendere l’abitare che emergevano in maniera discreta e silenziosa sono stati accelerati potentemente dalla Pandemia: la casa diventa comunità, intesa come antidoto alla vulnerabilità della vita umana esposta ad ogni genere di pericolo.
La clausura imposta con la quarantena ha obbligato le persone a rivedere abitudini di vita e di pensiero. Le case diventate uffici, scuole, palestre e spazi di svago hanno suggerito di immaginare un nuovo modo di vivibilità che vada oltre gli spazi comunemente ritenuti comodi di un grande centro urbano.
Una tendenza che sta portando a riscoprire il valore di tanti piccoli centri rurali del Paese che negli anni si sono spopolati.
Maurizio Tira, rettore dell’Università degli Studi di Brescia, sostiene che “occorre riscoprire una forma dell’abitare più rada, che coinvolga anche la campagna, dove ci sono migliaia di edifici abbandonati”.
Per l’architetto Fuksas serve, inoltre, u n nuovo umanesimo: “Ho visto da subito ci fosse questa tendenza. Il coronavirus ci ha fatto scoprire il valore del vivere in piccoli centri … Questo anche in virtù del fatto che l’Italia sta cominciando a digitalizzarsi … E allora si può anche pensare di andare a rioccupare aree che sono straordinarie, dove magari vivremmo meglio. 1 su 3 potrebbe lavorare in casa.
Ripopolare i paesi dove è più facile vivere perché c’è un senso di comunità più forte rispetto alla città.
Con tutte le difficoltà economiche che ci possono essere, la provincia ha una capacità di soluzione superiore a quella della città, dove ogni problema diventa un macigno, ogni aspetto burocratico diventa insolubile”.
Linkografia dell’articolo:
Stare a casa: l’emergenza Coronavirus sta cambiando l’idea …
Le esigenze del nuovo abitare ai tempi del Covid: il progetto …
Fuksas: “Serve un nuovo Umanesimo. Torniamo nei paesini e …
L’idea dell’abitare sta cambiando sempre di più. Ecco come