Ada Lovelace, la visionaria che anticipò l’era dell’AI

Ada Lovelace è una figura pionieristica della storia dell’informatica, spesso considerata la prima programmatrice della storia.

Il suo lavoro ha posto le basi per molte delle idee legate al concetto dell’intelligenza artificiale moderna.

Augusta Ada Byron, meglio conosciuta con il cognome del marito, contessa Ada Lovelace, nacque il 10 dicembre 1815 a Londra, figlia della matematica Anne Isabella Milbanke e del celebre poeta Lord Byron.

Ada crebbe sotto la guida determinata della madre che le assicurò un’educazione scientifica di alto livello, tra i suoi insegnanti ci fu la famosa astronoma scozzese Mary Somerville, che accese in Ada una profonda passione per la matematica e le scienze.

Grazie alla sua famiglia e ai contatti della madre nel mondo scientifico, Ada incontrò personalità di grande rilievo, tra cui lo scienziato Michael Faraday e lo scrittore Charles Dickens, ampliando ulteriormente il suo universo culturale e scientifico.

L’incontro che segnò una svolta nella vita di Ada avvenne quando, a 18 anni, durante un ricevimento dell’alta società, conobbe il matematico Charles Babbage, che l’affascinò con i suoi progetti e le sue idee rivoluzionarie.

In particolare, tra le sue invenzioni spiccava una macchina differenziale, progettata per eseguire calcoli precisi generando tavole di funzioni numeriche attraverso il metodo delle differenze, grazie a ruote numerate azionate da una manovella.

La Lovelace cominciò a studiarne il prototipo incompleto e iniziò una collaborazione lavorativa con Babbage, durata per molti anni.

Nel 1843, la Lovelace si occupò della traduzione di un articolo dell’ingegnere italiano, Luigi Menabrea, sulla macchina analitica ideata da Charles Babbage, per la rivista Scientific Memoirs.

Non si limitò alla traduzione, ma arricchì il testo con numerose note personali sul funzionamento della macchina, in particolare ebbe l’intuizione di confrontare la macchina ideata da Babbage con il telaio di Jacquard, che aveva visto in gioventù.

Questo telaio era in grado di creare motivi tessili in modo automatico grazie all’uso di schede perforate, proprio come la macchina analitica di Babbage che tesseva “motivi algebrici”.

Partendo da questa intuizione, la Lovelace concepì un algoritmo per calcolare i numeri di Bernoulli, una serie infinita di cifre usata in molte applicazioni di analisi matematica, sfruttando appunto la macchina di Babbage che avrebbe manipolato i dati per effettuare questi calcoli, utilizzando un linguaggio rigorosamente matematico e schematico.

Le sue istruzioni includevano la sequenza operativa che la macchina avrebbe seguito, anticipando così il concetto di programmazione sequenziale, fondamentale per l’informatica moderna.

Inoltre, intuì che l’invenzione di Babbage avrebbe potuto persino manipolare simboli (come lettere o note musicali) se codificate in modo appropriato.

Pur avendo compiuto un lavoro straordinario, il loro talento e il loro impegno non ricevettero il giusto riconoscimento mentre erano in vita.

Sia Babbage che la Lovelace ebbero un destino poco caritatevole.

Babbage morì in povertà. Il governo britannico si rifiutò di finanziare la costruzione della sua macchina e l’algoritmo di Lovelace non fu mai ufficialmente sperimentato.

Ada Lovelace morì il 27 novembre 1852, a soli trentasette anni, a seguito dei numerosi salassi nel tentativo di curare il cancro all’utero, l’ultimo, tra i tanti mali, che l’avevano colpita nel corso della vita.

Il contributo straordinario che entrambi offrirono alla scienza venne valorizzato solo molti anni dopo la loro scomparsa.

Per Charles Babbage arrivò nel 1944 quando la IBM finanziò il progetto dell’ingegnere americano Howard Aiken che ideò un computer elettromagnetico basandosi in parte sul progetto di Babbage.

Mentre per la Lovelace il suo ruolo è stato rivalutato soltanto a distanza di oltre un secolo dalla sua morte.

Sebbene abbia vissuto in un’epoca lontanissima dall’invenzione dei computer moderni e dell’intelligenza artificiale il suo lavoro sugli algoritmi è alla base della programmazione moderna, uno degli strumenti fondamentali dell’intelligenza artificiale.

Ada Lovelace ebbe l’intuizione di capire che la macchina analitica avrebbe potuto manipolare simboli in base a regole e creare qualcosa di nuovo, ma osservò anche che: “La macchina non ha pretese di creare nulla. Può fare ciò che sappiamo come ordinare.”

Questa affermazione è spesso vista come una riflessione sull’intelligenza artificiale moderna e la sua visione, che combinava calcolo, arte e creatività, continua a ispirare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e le riflessioni sul suo impatto nella società.

I modelli di AI, come le reti neurali, mostrano comportamenti che sembrano creativi, ma si basano ancora su dati preesistenti e algoritmi umani.

Lovelace capì, con gli strumenti cha aveva a disposizione, che una macchina poteva seguire regole per produrre risultati, ma non poteva pensare o avere una creatività autonoma come un essere umano.

La distinzione che allora faceva tra “seguire regole” e “creare” è, oggi, alla base di molte delle discussioni filosofiche, tecniche e sociali sull’AI che portano a considerarla come un simbolo del legame tra matematica, tecnologia e creatività.

Al suo nome è legato il “Lovelace Test”, un concetto ideato come alternativa al celebre Test di Turing per valutare l’intelligenza artificiale.

Mentre il Test di Turing misura la capacità di una macchina d’imitare il comportamento umano al punto da ingannare un osservatore umano, il Lovelace Test si concentra sulla creatività.

Il Lovelace Test indaga se un’IA possa dimostrare una forma di creatività che non sia semplicemente il risultato di regole o dati preimpostati e che, quindi, sia in grado di creare qualcosa di nuovo e originale che sia comprensibile per un osservatore umano e che la creatività non derivi esclusivamente da istruzioni date dagli sviluppatori.

Un’IA che genera una poesia, un’opera d’arte o un’idea innovativa potrebbe superare il Lovelace Test solo se gli esseri umani non riescono a ricondurre il suo processo creativo a una programmazione definita in anticipo.

Processo abbastanza complesso considerato che la creatività non può essere definita in maniera oggettiva e perché molti risultati dell’IA, apparentemente creativi, sono il frutto di grandi quantità di dati esistenti che rendono difficile determinare se siano davvero “originali e nuovi”.

Oltre a dare il nome ad un Test, l’ideatrice del primo algoritmo è oggi, soprattutto, considerata simbolo di tutte le donne che dedicano la loro vita alla scienza e alla tecnologia.

Dal 2009, ogni secondo martedì del mese di ottobre, si celebra l’Ada Lovelace Day (ADL), la giornata mondiale dedicata alle donne che si impegnano nelle discipline scientifico-tecnologiche (STEM, acronimo inglese per “scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche”) e alle studentesse che vogliono intraprendere questi studi universitari.

Lord Byron scriveva “Il miglior profeta del futuro è il passato”. Il passato, con i suoi modelli, errori e successi, non è semplicemente un ricordo, ma una guida per il futuro.

Applicando questa considerazione al concetto d’intelligenza artificiale emerge una riflessione: le IA moderne imparano dal passato, dai comportamenti umani e dai pattern registrati.

Il modo in cui “guardano” al futuro è un riflesso di ciò che hanno appreso dal passato. Ma il passato, come “profeta”, non dev’essere un destino immutabile, ma un punto di partenza per una comprensione critica e creativa del futuro, un compito che intelligenza artificiale e umana, si spera, affronteranno insieme.

Linkografia

Ada Lovelace – Wikipedia

Test di Turing, cos’è e a cosa serve. | Tabata Tech

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